venerdì 17 aprile 2015

Di Cina, di grilli, piccioni e di amori

Spesso mi chiedono cosa abbia la Cina di diverso dagli altri posti, per dare un senso alla mia passione per questa terra. A volte non ne capiscono la ragione. 
Perché ho studiato il cinese? Perché sono andata a viverci in Cina? Perché ho continuato ad amarla profondamente e continuo a farlo nonostante il Paese sia cambiato brutalmente e inesorabilmente (e ovviamente, in negativo)? 
Ebbene, ci sono tanti motivi. Tanti e diversi come sono i cinesi, con le loro etnie, la miriade di dialetti, di tradizioni, di superstizioni, di specialità gastronomiche, di geografie e potrei fare un lunghissimo elenco...
Ma ci sono delle cose che solo loro sanno fare con tanta poesia e delicatezza.

Tiziano Terzani, che come me ha vissuto tanti anni in Asia e che come me l'ha amata profondamente, raccontava:

"Tu pensa, un popolo che dedica il suo tempo - Mao avrebbe detto che “spreca” il suo tempo, e in parte non aveva torto- ad allevare i grilli fuori stagione per poter sentire d’inverno, quando fuori nevica, la voce della primavera... Perché il grillo dove sta? Sta al caldo, in una piccola zucca vuota, che è la sua casa, nella tasca interna della tua giacca. Il tappo è d’avorio intarsiato o a volte anche di giada, bellissimo.
Tutti questi erano i divertimenti dei manciu`. Di nuovo, la cosa che mi affascinava era che i cinesi non prendevano la prima zucca dell’orto e la mettevano a seccare. No! Quando la zucca veniva fuori dalla terra la mettevano in uno stampo di argilla nelle cui due metà erano incisi dei simboli, così che la zucca crescendo, premesse nei vuoti  dell’incisione e quando si aprivano le due metà lo stampo avesse impresso sulla zucca i caratteri della lunga vita o della felicità. Ma te lo immagini?
Alcune zucche invece venivano fatte crescere in forme perfettissime su cui poi venivano incisi con ferri infuocati paesaggi o scene di saggi nelle montagne. Tu, questa zucca la tenevi nella giacca e nel freddo della notte, mentre scrivevi una poesia o bevevi il tè nel tuo piccolo si he yuan, la tua casa col cortile, sentivi il cri-criii del grillo che ci stava dentro. (…)
Noi eravamo amici di Wang Shixiang, detto “Mobilia Ming Wang” perché era l’unico ad aver scritto sulla mobilia della dinastia Ming e l’unico ad aver scritto sull’arte di allevare i grilli. Ho imparato tanto da lui: come allevarli, cosa era buono per loro, cosa non era buono. Andavamo a trovarlo nella sua casa fatiscente con un cortile pieno della spazzatura dei suoi inquilini coatti. Lui era un uomo di una cultura straordinaria e gli avevano messo in casa dei caconi del partito che venivano dalla provincia. Se ne fottevano di lui e della sua cultura. Noi siamo stati di nuovo tra i primi  che lo andavano a trovare,  che lo apprezzavano, e lui ci adorava e mi introdusse poi all’altra grande passione che ebbi – e che non durò  tanto perché dopo fui arrestato- i piccioni. Avevamo un piccolo allevamento di piccioni!
Tu immagina una civiltà che è capace di pensare che se a un piccione gli leghi sulla coda un fischio (che come puoi capire, deve essere leggerissimo o il piccione non vola), quello emette un suono nell’aria. Se poi tu fai fischi di vario tipo e ogni fischio è di per sé uno strumento musicale con tanti buchi, con tanti suoni, e se tu hai tanti piccioni con tanti fischi tutti diversi, e lasci questi piccioni liberi per l’aria, senti allora la musica dei pianeti – wuuu! 
Ma che grande civiltà!" (tratto da "La fine e` il mio inizio", di Tiziano Terzani, ed. Longanesi 2006)

Come si fa a non amare un popolo che e`capace di tanta bellezza? 
Ecco perché io adoro la Cina.
Perché accanto a quella parte ignobile, corrotta, che sta cancellando la sua storia in nome del progresso e dei soldi, senza nessuna morale, senza nessuna etica e identità alcuna, sopravvive una Cina vecchia, la Cina che ho studiato, che e`nei miei libri e nel cuore di chi e`ancora cinese. 

Una Cina che e`stata una grandissima civiltà, con la sua storia e cultura millenaria e che ha prodotto una delle lingue più belle e più poetiche del mondo. 
Tempio del Cielo, Pechino 2004

martedì 7 aprile 2015

Shanghai, 23 novembre 2008

Non e`un post recente, ma risale agli anni in cui vivevo a Shanghai.
Ho ritrovato queste pagine in un vecchio quaderno colorato che odora ancora dell' incenso che usavo in quel periodo. Anche in queste righe parlo della mia esperienza con la medicina cinese tradizionale, che ormai e`diventata quasi come un appuntamento dall'indovino.
Comincia cosi`:

Ho avuto più volte modo di sperimentare la medicina cinese tradizionale con sedute di agopuntura 针灸 zhēnjiǔ e coppettazione 拔火罐 báhuǒguàn, ma una visita tanto accurata e precisa come quella di oggi non l'avevo mai fatta.
Seguendo le indicazioni scritte da una mia studentessa su un pezzo di carta ingiallito e sciupato, arrrivo (insieme a Igor) in un vicolo cieco chiuso da un cancelletto in ferro. La strada e` tutta bagnata e fangosa. Mi immetto nella stradina sino ad arrivare alla porta di un albergo. Una categoria bassa, ma abbastanza decente per gli standard cinesi. 2° piano. Stanza 1203.
Un medico che riceve in una stanza d'albergo e`un'assoluta novita`per me.
Aspetto qualche secondo fuori dalla porta per ascoltare i rumori che provengono dalla camera: una tv accesa e una musica. Busso ed ecco che un omino paffuto apre la porta e ci fa accomodare nel suo bizzarro "ambulatorio".
Io mi siedo accanto a lui, davanti a una piccola scrivania in legno e Igor si accomoda sul letto.
Senza dirgli niente, mi chiede di mostrargli i palmi delle mani, che scruta attentamente.
Scrive qualcosa su un foglio, fa dei conti matematici tra lo stupore mio e di Igor che ci chiediamo se sia un chiromante o un medico.
Guarda su, guarda giù, guarda le linee tra le dita e annuisce, come se leggesse in esse la storia della mia vita. Muoio dalla curiosità di sapere cosa vede. Dopo l'osservazione minuziosa di ogni segno, mi guarda e mi dice serio che non ho grossi problemi. Reni un po' deboli, pressione bassa che mi causa giramenti di testa in estate, una grande memoria e vede addirittura sulle mie mani che a 2 anni sono stata molto male. Ma come fa a saperlo? Glielo chiedo e mi risponde che ai lati delle dita c'e`una zona che e`il registro della nostra vita. Mi chiedo se ha letto anche il mio futuro, ma questo non voglio saperlo. O forse si`.
Dopo avermi praticamente picchiato per mettere a posto un nervo della spalla che mi irrigidiva la parte sinistra e dopo aver scritto una lunga lista di erbe, ho salutato quel tenero magodottore e sono andata in farmacia.
Di fronte al Tempio di JingAn: una delle più antiche farmacie di Shanghai. 3° piano.
Omini e donnine in camice bianco pesano su bilance antiquate erbe e radici essiccate, che prendono da armadi a muro di legno. Miliardi di cassetti piccoli piccoli da cui esce un odore delizioso di terra, di fiori, di spezie e di foglie. Riconosco il profumo di ginseng, di zenzero, di liquirizia e poi vari tipi di erbe, magari di qualche montagna himalayana sperduta e irraggiungibile.
Come tanti folletti, streghe e stregoni, scelgono, selezionano, pesano e cucinano in enormi pentoloni le pozioni dall'odore a volte ripugnante.

Una scena che ho cercato di imprimere nella mia mente per non dimenticare.

la ricetta



venerdì 9 gennaio 2015

Memorie di una geisha


Ieri sera ho finito di leggere "Memorie di una geisha", di Arthur Golden e, come mi succede con ogni libro che mi appassiona, se avessi il numero di telefono dell'autore lo chiamerei per chiedergli di parlarmi ancora di Sayuri e del Presidente, delle strade di Gion e di cosa ne e`stato delle altre geishe. Gli chiederei infinite volte "E poi?"- come facevo quando ero bambina e ascoltavo le favole che mi raccontavano mia madre e mia nonna e che spesso erano inventate, percio`non c'era fine ai miei "e poi", così come non c'e`fine alla fantasia.
"Memorie di una geisha" e`la storia di Sayuri, della vita crudele, ma anche affascinante di una ragazzina strappata ai genitori e venduta ad un'okiya (edificio dove vivono le geishe),  degli "addestramenti", la disciplina, della donna che diventa, dei suoi dolori e del suo amore. E`la storia di tante storie di donne ma anche di uomini, ambientata nella Kyoto del '900, la descrizione delicata e molto femminile della vita di una geisha.
Sono stata a Kyoto e ho girovagato tra le stradine del quartiere di Gion, riuscendo persino a vedere due geishe che sgattaiolavano in un locale nascondendo il viso e immortalandole in uno scatto. Dopo aver letto il libro, ora so che la donna con il colletto rosso era un'apprendista geisha, che accompagna la geisha vera e propria durante l'intrattenimento.


Ho letto questo libro tutto d'un fiato e, come sempre mi succede, affezionandomi ai personaggi, rallegrandomi e dispiacendomi per le loro.  Ero la`a guardarli e conosco alla perfezione i loro visi, potrei disegnarli se sapessi farlo, tanto li ho visti bene. Ho sentito ogni odore e avvertito la morbidezza delle stoffe pregiate dei kimono ricamati con fili d'oro e d'argento.

"Il cuore muore di morte lenta. Perdendo ogni speranza come foglie. Finche´un giorno non ce ne sono più. Nessuna speranza. Non rimane nulla, Se un albero non ha ne´foglie ne´rami, si può ancora chiamarlo albero?
Lei si dipinge il viso per nascondere il viso. I suoi occhi sono come acqua profonda. Non e`per una geisha desiderare. Non e`per una geisha provare sentimenti. La geisha e`un'artista del mondo che fluttua. Danza. Canta. Vi intrattiene. Tutto il resto e`ombra. Il resto e`segreto" (da "Memorie di una geisha").

giovedì 22 maggio 2014

Welcome to China

E dopo aver passato due giorni nell'aeroporto di Hong Kong per fare il visto cinese ed essermi sentita come Tom Hanks nel film "The terminal", aver incontrato la mia amica inglese Leontina che non vedevo dai tempi di Shanghai, aver dormito nella stanza più piccola del mondo (un cubo di 3 mq completo di bagno con doccia e pure tv), per poi passare la notte seguente in una camera d'albergo grande come il mio appartamento a Taipei, dove ho dimenticato il mio pigiama cinese, dopo aver aspettato ore interminabili per prendere l'ennesimo aereo a causa di una tempesta nei cieli di Hong Kong, eccomi di nuovo in Cina, quella "vera", che non è Hong Kong e nemmeno Taipei.
Sono a Xian, famosa per il suo esercito di guerrieri di terracotta, uno dei siti archeologici più importanti del Regno di Mezzo, ma anche punto di partenza della Via della Seta che collegava l'Asia all'occidente.
L' odore e' inconfondibile. È Lei, la Cina. Perché ogni posto ha il suo profumo, il suo sapore e questa è la prima cosa a cui faccio attenzione quando esco fuori dall'aeroporto:  mi fermo e annuso l'aria.
Lei è sempre la stessa, con la sua polvere e i suoi cantieri, i grattacieli illuminati e i templi ricostruiti, l'ingorgo di macchine e di moto che hanno preso il posto delle biciclette, la gente che urla, i venditori ambulanti, gli autobus stracolmi di gente appiccicata come sardine sott'olio,  profumi, puzze, caldo, negozi, ristoranti, sputi, umanità quasi invadente. È il caos. Mi gira la testa.
Ricordi mescolati e un po' sbiaditi di quando venni la prima volta in gita con la classe e il mio professore dell'università  di Pechino e le mie amiche Giulia e Meri. Avevo 20 anni e non sapevo ancora nulla.
Domani comincia l'avventura e chissà dove mi porterà.

venerdì 7 marzo 2014

Ricami cinesi d'amore


Mettendo in ordine le mie cose, ho trovato in un cassetto un regalo che mi feci in Cina e, riscoprendolo, la mia mente torna a un giorno qualunque di un'estate di molti anni fa, quando, passeggiando per i vicoli di Pechino (in cinese hutong 胡同), la mia attenzione venne attratta da una giovane che vendeva degli oggetti coloratissimi.
Mi avvicinai per vedere meglio. Erano delle solette di scarpe ricamate con fili di seta variopinti. Restai affascinata da questi colori e dai disegni fantastici e, non capendone l'uso, mi fermai a chiacchierare con lei, che mi spiegò di cosa si trattasse.
Originariamente le solette ricamate, oltre ad avere uno scopo funzionale come quello di assorbire il sudore, isolare dal freddo e rendere più confortevole la scarpa, erano anche un pegno d'amore delle ragazze nei confronti del proprio amato.
I disegni scelti, infatti, rappresentavano i sentimenti della donna, la quale regalava le solette al fidanzato o sposo come fossero una lettera d'amore.
Inoltre era anche in base alle capacità di ricamarle che veniva stabilita la bravura della futura sposa dalla famiglia del marito! La donna avrebbe poi ricamato solette per tutti i componenti per formalizzare i rapporti con loro e farsi accettare da tutti i membri.
Questo tipo di ricamo appartiene alla tradizione artigianale di alcune minoranze etniche cinesi, tra cui i TuJia 土家族, famosi appunto per la loro abilità nella decorazione e il ricamo di stoffe.
Mi vengono in mente le camicie di lino ricamate dalle mie nonne con le iniziali del nome dell'amato, anche queste simbolo di amore e devozione e frutto di un faticoso lavoro di cucito. Ma mentre i ricami d'amore della nostra tradizione sono ben visibili, quelli delle solette cinesi hanno un significato più nascosto, più intimo. L'amore espresso delicatamente in un disegno di seta e impresso su una soletta infilata in una scarpa, nascosto sotto i piedi.  
Un oggetto dal significato romantico, dato in dono dalle fidanzate ai fidanzati perché ricordino il loro sentimento vero ovunque vadano, qualsiasi strada percorrano, qualunque sia il loro cammino.
Io le mie solette le incornicerò per tenerle in bella vista, così ogni volta, guardandone il magnifico disegno, immaginerò storie di amori e di donne lontane. 

martedì 4 febbraio 2014

L'anno del Cavallo


L’inverno è arrivato e con esso anche la festa più sentita in Cina da millenni: il Capodanno cinese.
Chiamato anche 春节Chunjie o Festa di Primavera (poiché introduce l’inizio della bella stagione e la fine del riposo invernale), segue il calendario lunare, in base al quale l’inizio di ogni mese è scandito dalla Luna nuova, momento in cui Luna e Sole si congiungono. Perciò il Capodanno cinese cambia data ogni anno.
Quest’anno si è celebrato il 31 gennaio. In realtà i preparativi e i festeggiamenti cominciano molto prima e si protraggono per lungo tempo.
Nelle grandi e moderne città cinesi viene riconosciuta circa una settimana di festa, ma nelle campagne si prolunga anche per più di venti giorni.
Paragonabile al nostro Natale, è un momento molto importante per i cinesi, poiché rappresenta un’occasione per riunire tutta la famiglia e per stare insieme ad amici e parenti.
In questo periodo le stazioni ferroviarie e gli aeroporti delle città sono gremiti di gente che fa ritorno nei villaggi natali. Sono per lo più mingong (che letteralmente significa “contadini- lavoratori) provenienti dalle campagne, che si stabiliscono nelle metropoli in cerca di un lavoro e di un po’ di fortuna e che solo in quest’occasione di festa fanno ritorno nelle loro case per riabbracciare i loro cari.
Nei giorni che precedono il Capodanno le città sono in totale subbuglio. Un andirivieni di gente carica di ogni sorta di bagaglio contenente regali per familiari e amici si dimena tra la folla per le vie cittadine addobbate a festa con lanterne, draghi, simboli benaugurali di ogni tipo, tutto rigorosamente rosso. E, come da noi si ha l’abitudine di indossare biancheria rossa l’ultimo dell’anno, anche in Cina, nei giorni antecedenti la Festa di Primavera, spuntano bancarelle che, oltre a vendere oggetti svariati, propongono anche una sfilza di mutandoni e calzini rossi, che, se indossati la sera della vigilia, promettono fortuna e felicità nell' anno che verrà. 
Questo a testimonianza che tutto il mondo è paese!
A partire dalla vigilia, tutto il caos e il subbuglio cittadino sembrano svanire nel nulla: le strade si spopolano, negozi, banche, uffici chiudono i battenti, si dimezzano i taxi e la gente si rintana nelle proprie case. Gli unici rumori che si avvertono sono quelli dei fuochi d’artificio e dei petardi lunghi decine di metri, che producono un suono simile a centinaia di mitragliatrici. Sembra di essere in stato di guerra! E più forte è il rumore, meglio è, perché i cinesi credono che lo scoppiettare infernale dei petardi impaurisca gli spiriti maligni e li tenga lontani.
In ogni famiglia ci sono poi dei riti da rispettare. Innanzitutto viene fatta un’accurata pulizia della casa, che consiste soprattutto nello spazzare i pavimenti a fondo, spostando anche armadi e mobili pesanti, in modo da rimuovere ogni granello di polvere accumulato e preparare così la casa all’Anno Nuovo e ad una nuova vita. Ancora oggi e in particolar modo nelle campagne, dove sono ancora vive le antiche tradizioni, è diffusa l’usanza di spazzare dall’esterno verso l’interno, in modo che la fortuna e la ricchezza della famiglia non vengano spazzate via dalla casa.
Inoltre vengono appesi davanti alla porta di casa o dei negozi dei distici di carta in segno di augurio, che riportano scritte come “ricchezza e felicità”, “possano tutti i tuoi desideri essere esauditi”, “tanti figli”, “lunga vita” e tanti ancora.
Altro rito importantissimo e fulcro della festa di Capodanno è la preparazione dei cibi tradizionali, che vengono cucinati in abbondanza, in modo che durino per più giorni e soddisfino tutti, uomini e dei. E’ infatti abitudine offrire il cibo alle divinità allo scoccare della mezzanotte.
Il banchetto di solito inizia con un grande pesce intero, simbolo dell’unità familiare e di abbondanza per l’anno nuovo, si prolunga sino a tardi e si conclude con giochi da tavolo come il mahjong (simile al nostro domino), mangiando noccioline e sementi varie e bevendo del tè.
I piatti di Capodanno variano di regione in regione. Nella Cina meridionale il piatto tipico è il niangao 年糕 (un dolce di riso glutinoso) e i zongzi 粽子 (dolce di riso glutinoso avvolto in foglie di palma); nel settentrione, invece, si mangiano i mantou 馒头 (pane di grano al vapore) e vari tipi di ravioli.
Altra tradizione curiosa in cucina è quella di non usare sino al giorno dopo il primo dell’anno coltelli o oggetti appuntiti e taglienti, perché si pensa portino sfortuna.
I giorni che seguono la festa sono dedicati alle visite di amici e parenti e, ovviamente, agli immancabili fuochi d’artificio, che i cinesi chiamano poeticamente “fiori di fuoco” e che colorano i cieli con splendide forme.
Quest’anno è l'anno del cavallo  (in cinese ma 马) e i nati sotto questo segno, indosseranno qualcosa di rosso per tutto il 2014 (per esempio una collana o un braccialetto) come portafortuna.
Gli esperti sostengono che sarà un anno pieno di energia e potenza, proprio come lo è il cavallo. 
Perciò prendete le redini del vostro futuro e correte al galoppo più che potete, lasciandovi alle spalle il vecchio anno e gustandovi ciò che il nuovo vi riserverà.



Buon anno del cavallo a tutti!

mercoledì 8 gennaio 2014

Maledetta Asia


L'Asia è una malattia.
Di quelle silenti e croniche.
Una volta che il virus penetra nell'organismo, è difficile, se non impossibile, debellarlo. E quando sembra di essere guarito, ecco che il batterio si risveglia, le difese immunitarie si abbassano e non sono più in grado di proteggere il corpo e la debole anima. Vive acquattata nei meandri del cervello, dello stomaco, scorre nel labirinto delle vene. Poi si addormenta e all'improvviso si risveglia di nuovo. E' così ogni volta.
E' una malattia grave, perché questa, al contrario delle altre, non conosce rimedio, non ha antidoto, non c'è medicina che possa combatterla.
Si chiama Mal d'Asia. E io ne sono affetta da troppi anni.
Non ho via di scampo.
Asiamonamour.