venerdì 1 aprile 2016

Pensando all'India e a una risposta che forse non c'e`

Questa mattina quando mi sono svegliata ho trovato un messaggio di un'amica che, parlando dell'India, mi chiedeva: "Come conciliare la miseria con tutte le altre cose positive"? 
Una bella domanda che mi sono sempre fatta, che continuo a farmi e a cui non riesco a trovare una spiegazione molto razionale.
Ci provo, ma non garantisco maggiore chiarezza.
Se non ci sei mai stato in India non lo sai. Questa e`una certezza. Per capire qualcosa, anche il solo fatto di non aver capito un tubo, ci devi andare, devi vedere con i tuoi occhi, devi sentire con la tua pancia.
Io ne sono sempre stata affascinata, influenzata forse da racconti ascoltati con orecchie grandi di bambina, poi da tutti i libri che ho letto sin da ragazzina e poi chissa`, da qualche eco, da qualche richiamo di vite passate, direbbero gli indiani.
Quando a 18 anni capi`che "dovevo" studiare Lingue e Civilta`Orientali (si`, "dovevo", e`nata proprio come una necessita`, un bisogno istintivo), la prima lingua che scelsi fu l'hindi. Ricordo che i miei genitori, quando glielo comunicai, mi accompagnarono in un negozio indiano a Lecce consigliandomi di farmi una chiacchierata con i proprietari per chiarirmi meglio le idee, per fare tutte le domande che volevo e saziare la mia curiosità. In effetti, la decisione di quell'incontro fu lungimirante e la coppia di indiani mi sconsiglio`di studiare hindi all'università in quanto in ambito lavorativo si usa l'inglese e inoltre l'hindi e`solo una delle tante lingue parlate in India. Mi dissero che avrei potuto poi studiarlo per conto mio per piacere e svago. Questo mi porto`a scegliere la lingua cinese (altro mio grande amore), anche se feci comunque degli esami sulle religioni e filosofie indiane. Ma questa e`un'altra storia.
Ritornando all'India, devo ammettere che dopo tutti i fatti di cronaca, di stupri, di terribili violenze venuti fuori negli ultimi anni, sono andata in India con un'altra consapevolezza, forse anche spaventata (ne avevo lette di cotte e di crude), percio`anche un po' critica e prevenuta. Ma poi piano piano tutta la mia diffidenza, tutta la mia durezza e il mio gelo si sono sciolti nei sorrisi della gente. E con questo non voglio dire che in India sia tutto bello, buono e giusto, al contrario!
L'India e`tutto.
Come dicevo nel mio post di ieri, l'India e`una carezza, ma anche uno schiaffo terribile.
E`sporca e puzza, ma e`anche bellissima e profumata.
E`l'apoteosi delle contraddizioni.
E`misera e bugiarda, e`corrotta e cattiva, ma e`anche immensa e buona.
E`meravigliosa e commovente. E`complessa e contorta.
C'e`un'ignoranza così atavica, così primitiva che a volte e`quasi disarmante, fa paura, perché e`così radicata, così viscerale e antica che, se da un lato porta l'umanità a una semplicità e purezza toccanti che noi non conosciamo più, dall'altro la rende quasi animalesca, fatta di istinti primordiali e di credenze folli.
Ma l'India e`l'unico posto dove sono stata che mi ha dato tutte queste sensazioni, e`l'unico posto che ti mette in discussione, e`l'unico posto dove davvero ti senti tutt'uno con l'Universo, dove il genere umano e animale vivono insieme nel significato più totale di "Insieme".
L'India e`l'unico posto dove la morte non fa paura, anzi, l'India ti riconcilia non solo con la vita, ma anche con l'ineluttabilità della morte.
L'India e`l'unico posto dove la mattina la gente si sveglia e ringrazia il Sole per sorgere, l'acqua del fiume per bagnare e dissetare gli esseri viventi, ringrazia la vita in ogni sua forma.
In India si venerano 330 milioni di dei, perché in realtà Dio non e`un' entità superiore e separata dal resto, Dio e`in ogni cosa.
Il saluto più bello e` indiano: NAMASTE, fatto con le mani giunte di fronte al cuore, che significa "mi inchino a te", "mi inchino al Dio che c'e`in te", perché Dio e`in ognuno di noi. Ognuno di noi e`Dio.
Quanta miseria ho visto in India! E quanta ricchezza! Spesso la miseria e`direttamente proporzionale alla ricchezza spirituale.
Pasolini, dopo un viaggio in India nel '60, ha scritto nel suo libro "L'odore dell'India": "La vita qui in India ha i caratteri dell'insopportabilita`: non si sa come si faccia a resistere mangiando un pugno di riso sporco, bevendo acqua immonda, sotto la minaccia continua del colera, del tifo, del vaiolo, addirittura della peste, dormendo per terra, o in abitazioni atroci". 
Vidiadhar S. Naipaul, scrittore di origini indiane, potrebbe in qualche modo rispondere al dubbio che attanagliava Pasolini quando dice che "la vita ha inizio con l'accettazione del dolore come condizione dell'uomo". Accettazione, non rassegnazione. Gli indiani lo chiamano "karma", a cui nessuno si può sottrarre.
Per noi occidentali e`forse un po' più difficile accettare la miseria (materiale e spirituale) e quando te la trovi di fronte ti sciocca, ti disgusta, ti annienta, ti indigna.
Quindi come conciliare la miseria indiana con le altre cose positive?
La miseria, il dolore, l'ingiustizia e la sopraffazione non si possono giustificare, non si possono approvare.
Allora perché l'India mi ha rapito?
Non lo so. Ecco la risposta.
La risposta alla tua domanda alla fine e`che non ho ancora una risposta sensata, cara Francesca.
Ho un mucchio di sensazioni e di ricordi che si agitano dentro di me.
Io l'India l'ho sentita con la parte più irrazionale di me e ancora non riesco a tradurre tutto questo vortice di emozioni in parole concrete, perché l'India e`troppe cose, nel bene e nel male.
Forse una risposta in realtà non c'e`. Forse e`davvero come quando si e`innamorati. Non si sa perché, non ci sono ragioni, eppure si ama incondizionatamente, ingiustificatamente e, amando senza riserve, ci si sente ubriachi. Ubriachi di vita in tutti i suoi aspetti più vari, in tutto cio`che essa comporta.


2 commenti:

virginio ha detto...

quando racconti di queste tue sensazioni è come se fossi nel tuo taschino e le provassi insieme a te . e le vedessi anche. Mi fai risparmiare un sacco di soldi e anche del mio tempo che si va assottigliando. Grazie Teresa

Teresa ha detto...

Grazie mille del bel messaggio, carissimo Virginio. E io ti porto volentieri nel mio taschino...
Un forte abbraccio a te e a Rina,
Teresa